Anatomia e successo in endodonzia

Lo studio del sistema dei canali radicolari ci ha mostrato che l'endodonto è uno spazio geometricamente complesso e che la sua rappresentazione radiografica bidimensionale è una estrema e fuorviante semplificazione, che noi clinici abbiamo e continuiamo ad utilizzare per valutare la bontà del nostro lavoro.
Voglio innanzitutto fare una breve introduzione, trattando della storia dell'anatomia endodontica e dei metodi per approcciarla.

Anatomia endontica e metodiche di studio
I primi studi sull'anatomia del sistema dei canali radicolari li troviamo negli scritti dell'ungherese Carabelli del 1842. Ma il primo ad interessarsi in maniera sistematica fu Mühlreiter (1870), sezionando i denti mesio-distalmente, labio-lingualmente e bucco-lingualmente sui piani assiali. Effettuò inoltre sezioni trasverse. Lo stesso fece Black nel 1890. La tecnica seguita a quel tempo consisteva nel fissare i denti a blocchetti di legno e ottenere sezioni per usura o per taglio.
Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo furono presentati studi che prevedevano l'introduzione di materiali all'interno del sistema canalare. Se viene iniettato all'interno dei canali radicolari un materiale in forma sufficientemente fluida da poterli penetrare, e questo materiale è poi capace di indurire e resistere all'azione delle sostanze demineralizzanti con cui si dissolve la struttura dentale, si può ottenere una replica del sistema canalare.
Preiswerk nel 1901 impiegò per lo studio sull'anatomia dei canali radicolari un metodo originale. Il metodo prevedeva l'iniezione di metallo fuso all'interno della camera pulpare, che dopo decalcificazione completa dell'elemento consentiva di ottenere un modello in metallo della sua anatomia interna. Dopo apertura della camera pulpare Preiswerk  immerse i denti in acqua all'interno di un incubatore alla temperatura di 30 °C per circa 3 settimane. Poi iniettò una soluzione di soda calda all'interno della camera pulpare e dei canali radicolari per rimuovere il tessuto pulpare. Successivamente ciascun dente fu asciugato con aria calda, avvolto in carta filtrante e immerso in gesso di Parigi. Su ogni dente, Preiswerk incollò un imbuto di cartone. Il blocchetto di gesso venne lentamente scaldato, immerso in sabbia o acqua, fino a raggiungere la temperatura di fusione della lega metallica di Wood (70 °C circa). La lega di Wood fu poi versata negli imbuti e il blocchetto di gesso fu sottoposto a vibrazione per favorire la penetrazione del metallo nei canali. Il flusso nei canali era aiutato anche dal  peso del metallo negli imbuti. Preiswerk usò liscivia (soluzione alcalina, spesso usata per produrre saponi o detergenti) per decalcificare i denti. Le repliche erano ovviamente incomplete, poichè il metallo non riusciva a penetrare le ramificazioni più sottili del sistema canalare.

Nel 1907 Fischer ottenne migliori risultati usando la celluloide anzichè il metallo. Egli selezionò denti estratti. Aprì con attenzione le camere pulpari e immerse i denti in acqua a temperature da 31 a 37 °C per molte settimane o mesi, per poi  iniettare una soluzione di soda all'interno della camera pulpare e dei canali radicolari. I denti vennero successivamente lavati con acqua corrente per un giorno, asciugati e immersi in alcool assoluto per 24 ore. Furono poi immersi in acetone puro per parecchi giorni e trasferiti in provette contenenti una soluzione debole di celluloide in acetone. Le provette vennero tenute ben sigillate per tre giorni mediante tappi di sughero, che vennero poi sostituiti con tappi di cotone. I tappi di cotone permettevano all'acetone di evaporare. Le provette vennero riempite ogni giorno con la soluzione di cellululoide in acetone. Dopo due o tre settimane, durante le quali la celluloide era indurita e aveva assunto un colore giallo-bruno, le provette furono fratturate e i denti rimossi delicatamente. Fischer usò acido cloridrico al 50% per decalcificare i denti. La celluloide potè penetrare tutte le diramazioni del sistema canalare e fornire una sua replica completa. Ma la celluloide è fragile, per cui le repliche delle ramificazioni più sottili si fratturavano facilmente.

Negli anni successivi furono utilizzati altri materiali e tecniche per ottenere repliche dei sistemi canalari. I preparati venivano ottenuti riempiendo la camera pulpare e i canali radicolari sotto pressione. I denti erano poi sottoposti all'azione di soluzioni demineralizzanti in grado di distruggere la sostanza dentale, ma incapaci di modificare il materiale introdotto, che poteva essere paraffina o altro materiale non alterabile dal processo di decalcificazione (Dewey 1916).
Hess nel 1917 descrisse un'altra metodica, che prevedeva l'iniezione di gomma liquida e la sua successiva vulcanizzazione all'interno del sistema canalare (iniezione di vulcanite). La procedura di Hess era estremamente meticolosa. Procedendo su denti estratti come i suoi predecessori, espose le camere pulpari, ma non penetrò nei canali. Egli immerse i denti per tre o quattro mesi in un recipiente contenente acqua a 37°C. Successivamente iniettò nelle camere pulpari una soluzione di soda alla temperatura di 40°C. Hess suggerì che si poteva usare anche  una soluzione non acida di perossido di idrogeno, anzichè la soda. I denti vennero poi lavati in acqua corrente per 24 ore. Furono asciugati, immersi in alcool assoluto per 24 ore e successivamente asciugati a temperatura ambiente per altre 24 ore. Egli avvolse poi ciascun dente in carta assorbente, e immerse carta e denti in gesso di Parigi, in una muffola per vulcanizzazione dentale, in modo tale che solo le camere pulpari fossero esposte. In ogni camera pulpare introdusse ebanite (i.e. vulcanite). Sulla vulcanite, spruzzò talco, che agì come mezzo separatore quando il gesso fu versato nel boxaggio per modelli. Una volta induriti, i modelli in gesso furono separati e all'interno delle camere e dei canali fu compattata la gomma. Le procedure di compattazione nella muffola, così come di vulcanizzazione, erano le stesse descritte per vulcanizzare protesi artificiali. Una volta vulcanizzata la gomma, i denti furono lavati in acqua corrente e posti in acido cloridrico al 50%. Dopo decalcificazione, i denti furono nuovamente lavati, i residui organici rimossi dalla vulcanite, e i campioni in vulcanite montati su blocchetti di gesso.
Barrett (1925) e Coolidge (1929) studiarono l'anatomia dentale per mezzo di sezioni istologiche seriate.
Okumura (1927) realizzò uno studio sull'anatomia interna dei denti umani con la tecnica della diafanizzazione, classificando i canali radicolari in relazione alla loro distribuzione anatomica.
Mueller nel 1933 effettuò radiografie su 1394 denti estratti, dapprima in proiezione labio-linguale e bucco-linguale, e poi in proiezione mesio-distale.

Nei decenni successivi la morfologia del sistema canalare è stata studiata impiegando sia le tecniche già descritte, che altre innovative:
– metododiche radiografiche convenzionali,  in vitro e in vivo (Mueller 1933; Mueller 1936; Barker et al. 1969; Sykaras 1971; Pineda & Kuttler 1972; Kaffe et al. 1985; Fabra-Campos 1989);
– iniezione di resine (Barker et al. 1974)
– valutazione macroscopica (Green 1955; Green 1973)
– sezioni macroscopiche su differenti piani (Green 1955; Weine et al. 1969; Kerekes & Tronstad 1977; Mauger et al. 1998)
– sezioni trasverse e misurazioni micrometriche (Green 1958)
– valutazione microscopica  (Green 1956; Burch & Hulen 1972; Kerekes & Tronstad 1977)
-diafanizzazione (Robertson et al. 1980; ; Vertucci 1984; Venturi et al. 2003; Venturi et al. 2005)
– metodiche radiografiche con impiego di mezzo di contrasto (Naoum et al. 2003; Bedford et al. 2004)
–  ricostruzione computerizzata tridimensionale del canale radicolare (Mayo et al. 1986; Blaskovic-Subat et al. 1995; Lyroudia et al. 1997; Bjorndal et al. 1999; Dobó-Nagy et al. 2000;  Robinson et al. 2002, Mannocci et al. 2005)
– radiografia digitale (Nattress & Martin 1991; Burger et al. 1999; Schäfer et al. 2002)
– riproduzione spaziale del sistema canalare radicolare utilizzando la risonanza magnetica (Tanasiewicz 2010)
– microscopia elettronica a scansione (SEM) (Gilles & Reader 1990)
– iniezione di coloranti in camera iperbarica e succesiva diafanizzazione (Weng et al. 2009).
 

È stato invece segnalato che fini dettagli del sistema canalare possono essere osservati mediante iniezione di coloranti e diafanizzazione diafanizzazione (Gulabivala et al. 2002; Al-Qudah & Awawdeh 2006). La tecnica di diafanizzazione è particolarmente utile per studiare l'anatomia del sistema canalare poiché, a differenza delle tecniche radiografiche, permette di visualizzarlo tridimensionalmente (Al-Qudah & Awawdeh 2006).
Tra i metodi di più recente introduzione, l'impiego della Micro-TAC (Micro-Tomographic Computerized Analysis) sembra particolarmente interessante. La Micro-TAC non è distruttiva e non fornisce immagini virtuali che possano essere maneggiate e sezionate otticamente a piacere. La Micro-TAC fornisce una risoluzione di alcuni µm. La tecnica si presta bene allo studio dei tessuti duri in forza dell'alto coefficente di attenuazione lineare dell'osso calcificato e delle matrici dentali (Davis & Wong 1996). Il metodo è stato largamente usato nello studio della perdita di osso trabecolare in pazienti con osteoporosi e negli studi su animali con osteoporosi o osteolisi tumorale (Muller  et al. 1996; Libouban et al. 2001). In ambito endodontico, la Micro-TAC fu usata da Dowker et al. (1997) per mostrare le caratteristiche morfologiche dei canali radicolari. Il loro sistema di Micro-TAC forniva una risoluzione più bassa (cubic voxel side-length di ~40µm) rispetto a quello usato vicino da Guillaume et al. (2006)  (cubic voxel side-length di ~19.74µm). In un lavoro dettagliato Bergmans et al. (2001) descrissero l'uso della Micro-TAC nella misurazione del volume e della curvatura dei canali radicolari di un molare prima e dopo preparazione dei canali stessi. Guillaume et al. (2006) impiegarono la Micro-TAC per studiare la morfologia del sistema canalare su ottavi estratti.

Seguono una serie di immagini dell'anatomia canalare ottenute con diverse metodiche, dalla diafanizzazione alla micro-TC. Ciò per mostrare quanto impossibile e presuntuosa sia l'idea di riuscire a detergere completamente questo meraviglioso e intricato sistema.

 

Tavole di Hess

 

 

 

 

 

L'anatomia canalare è approcciabile?
E' palese dagli studi sopracitati e dalle immagini mostrate che gli attuali strumenti oggi a nostra disposizione in terapia endodontica sono incapaci di ottenere una completa detersione del complesso endodontico.
Quindi alla fine della nostra terapia avremo pareti non deterse, canali e piccole ramificazione non toccate dagli strumenti e dagli irriganti, ecc.. Ciò si traduce nel fatto che residua materiale organico e batteri alla fine di ogni nostra terapia endodontica.

Gli studi di Nair (Nair et al.  Microbial status of root canal system of human mandibular first molars with primary apical periodontitis after "one visit" endodontic treatment. Oral Surgery Oral Medicine Oral Pathology , Oral Radiology and Oral Endodontology 2005) sono illuminanti su questo punto. Nel lavoro appena citato egli ha preso in esame 16 primi molari inferiori necrotici e con area radiotrasparente periapicale, mai trattati prima endodonticamente. Egli ha trattato endodonticamente secondo lo stato dell'arte (diga di gomma, irrigazione con ipoclorito, EDTA, ecc.) questi denti e ha chiuso i canali con la tecnica della condensazione laterale della guttaperca. Quindi a questi denti sono stati asportarti i terzi apicali della radici mesiali, i quali sono stati poi analizzati al microscopio ottico e al microscopio elettronico. 

Microrganismi sono stati ritrovati in 14 (88%) delle 16 radici mesiali asportate, sia nei canali principali che negli istmi e nei canali laterali. Tutti i canali mostravano recessi, irregolarità, diverticoli, anastomosi,  istmi che contenevano una miriade di batteri, materiale organico e chip dentinali e che non erano stati toccati dalla strumentazione canalare. 

Nair nel suo lavoro concludeva che, alla luce della grande complessità anatomica dei molari e della organizzazione ecologica della flora in biofilm sessili protetti, non è verosimile rendere il sistema dei canali radicolari privo di batteri, con qualunque tecnica endodontica oggi a disposizione.

Ecco alcune immagini dal lavoro di Nair

 

Fig 2. Photomicrograph of a transverse section (A) through the apical portion of the mesial root of the tooth removed by surgery
from the radiolucent area in Fig 1, D. The rectangular demarcated are in A is magnified in B. The mesio-lingual (ML) and mesiobuccal
(MB) canals (magnified in C) communicate and are root-filled (GP). The rectangular demarcated area in B is magnified in E.
The main canals show recesses and diverticulations; those in the rectangular demarcated area in C are magnified in D. One
noninstrumented accessory canal (AC in E) is enlarged in F. Note the diverticulation of ML in D and the larger accessory canal (E,
F) clogged with bacteria (BA); the transmission electron microscopic view of the latter is shown in Fig 3. Black arrowheads in F
show cross-sectioned profiles of anastomoses of the root canal system. Original magnifications: A, 316; B, 340; C and E, 3100;
D, 3400; F, 3260.
 
Fig 4. Light microscopic view of a transverse section through the apical portion of the mesial root of a right mandibular first molar
(MX-11, Table I). The surgical artifact (AT) into the root dentine did not reach or damage the instrumented mesio-lingual and
mesio-buccal canals, which were incompletely obturated with gutta-percha cones. The isthmus (IS) connecting the canals is
magnified in B; the area indicated with the black arrowhead is further magnified in stages in C and D, respectively. Note the
uninstrumented isthmus with arcading profiles of Howship’s lacune (HL) clogged with blue stained bacterial mass (BA). A
transmission electron microscopic view is shown in Fig 5. Original magnifications: A, 316; B, 344; C, 3240; D, 3400.
 

 

Fig 6. Light photomicrographs of apical root discs of the mesial root of a right mandibular first molar (MX-08, Table I). The
identification notch is on the buccal aspect in A. The mesio-lingual (ML) and mesio-buccal (MB) canals are wide apart in the more
cervical section (A) but only the mesio-buccal canal is still present in the more apical root segment (B). The rectangular demarcated
area in B is magnified in C. The tangentionally cut segment of a very narrow isthmus (IS) is further magnified in stages in D and E.
The contents of the isthmus cannot be resolved at the respective magnifications but are distinctly clear in the electron micrograph of
the area presented in Fig 7. Original magnifications: A and B, 315; C, 3100; D, 3180; E, 3300.

 

Agli stessi risultati di Nair è giunto Ricucci (Ricucci et al. Histologic investigation if root canal-treated teeth with apical periodontitis. JOE 2009), il quale ha osservato istologicamente gli apici radicolari resecati insieme ad una parte dei tessuti periapicali di 24 pazienti già trattati endodonticamente e affetti da parodontite apicale. In questo studio Ricucci concludeva dicendo che i suoi risultati e quelli di Nair dimostravano, oltre alla non detergibilità del sistema canalre, anche che l'otturazione canalare è incapace di intombare i batteri che residuano alla strumentazione canalare e di prevenire il loro passaggio nei tessuti periapicali.

Quindi utilizzando la logica di base, con un semplice sillogismo aristotelico possiamo scrivere che:

frase a) l'endodonto non è MAI pulibile e otturabile completamente. Quindi i canali rimangono sempre sporchi e pieni di batteri e mal sigillati
frase b) il successo in endodonzia è frequente  (superiore all'80%)

Possiamo perciò concludere che: per ottenere il successo in endodonzia non serve avere un canale pulito e otturato ermeticamente!

A questo punto possiamo chiederci: quanto può essere "sporco" un canale perché esiti ancora in successo?  Cioè, quanto è necessario pulire il canale per ottenere il successo?
E' una domanda questa fondamentale. Perché quanto più puliamo, tanto più distruggiamo e stressiamo il dente. Dire più pulisci e meglio è, è pericoloso e senza senso.
Ogni nostra procedura deve avere un obiettivo, un end point. Dire avvita l'impianto più che puoi, dire ottura il dente più che puoi, ecc. non ha alcun significato! ad es, se avviti l'impiano oltre certi newton puoi fratturare l'osso o l'impianto, ecc.
Possiamo pulire per ore e avremo sempre una canale sporco per motivi geometrici insuperabili.
Sono tonnellate i denti con canali detersi per meno della metà della lunghezza del canale ed otturati per meno di un terzo che mostrano successo. E' una endodonzia mal fatta?
Se valutiamo quelle terapie senza bias e con il solo criterio del successo dobbiamo necessariamente categorizzarle come "terapie di successo"
Se valutiamo quelle terapia con il bias del nostro modello di terapia endodontica ideale necessariamente dobbiamo categorizzarle come "terapie di insuccesso" A questo punto la dissonanza congnitiva diviene stridente…… Nella realtà clinica quella terapia ha evidente successo, ma secondo il mio modello di endodonzia è una terapia di insuccesso!
E quando le osservazioni di queste tipologie di successo lontane dal nostro modello mentale divengono centinaia, migliaia, abbiamo due possibilità:
– cambiare modello mentale e adattare le nostre idee alla realtà delle osservazioni. Fare un cambio di paradigma come lo chiama Kunt, una rivoluzione copernicana
– ostinarci ad adattare la realtà al nostro modello mentale! E qui cominciano le rimozioni,  le giustificazioni, l'evitamento del ricordo, tutto condito dai sensi di colpa.

Quello che dobbiamo chiederci a questo punto…quanto basta pulire un canale per ottenere il successo endodontico? Quali sono le altre variabili che entrano in gioco per il successo?

Il nostro organismo è un sistema complesso che non dà risposte lineari. Se fosse un sistema lineare si comporterebbe nel seguente modo: Se pulisco fino ad 1mm dal termine del canale avrò un 90% di successo, se pulisco fino a  2mm dal termine del canale avrò l'80% di successo, se pulisco fino a 3mm dal termine del canale avrò il 70% di successo e così via.
Né è un sistema del tutto o niente: ovvero se pulisco tutto perfettamente ho successo, se non pulisco perfettamente (a prescindere da quanto non ho pulito) ho insuccesso.
Il nostro organismo risponde invece in maniera completamente non lineare ed impredicibile. Le variabili in gioco interagiscono tra di loro con meccanismi omeostatici complessi e mutualmente compensativi.

Ciò ci deve far comprendere che per creare un modello predittivo corretto (nel senso che si avvicini quanto più possibile alla realtà) dobbiamo fondarci sugli outcome a distanza! Quindi adattare le nostre idee alla realtà e non il contrario (cioè creare una idea a tavolino e farci entrare la realtà!). Dobbiamo imparare a misurare e costruire modelli sul risultato delle misurazioni. E non costruire modelli e quindi adattarci le misurazioni.
Ad oggi la realtà ci mostra che i modelli schilderiani sono inesatti e addirittura pericolosi, in quanto minano la sopravvivenza del dente restaurato nel tempo. La realtà ci mostra inoltre che ci sono altri modelli di terapia, diametralmente opposti a quelli schilderiani, che funzionano anche a lunga distanza (30-40 anni).